Ma come, dottore, quelle gialle? Quante volte, nel momento in cui ho iniziato ad accennare a una terapia con calze elastiche, mi sono sentito fare questa domanda soprattutto da parte delle signore, ma anche dagli uomini per i quali, devo dire, la preoccupazione più frequente è il doverle indossare d’estate con i pantaloncini corti!

In effetti, fino a parecchi anni addietro, le calze terapeutiche erano tutte di quel fantastico colorino giallo-anemia decisamente poco attraente e invitante che certo non favoriva l’ adesione alla terapia.

A mia memoria, solo una ventina di anni fa sono comparse le prime calze terapeutiche nere: una vera rivoluzione per l’epoca, molto apprezzata dalle signore.

Negli anni poi l’industria ha sfornato calze di tutti i modelli e colori, tali da soddisfare ogni esigenza. L’aspetto estetico della calza terapeutica è molto influenzato, ovviamente, anche dalla patologia sottostante che, come ricordiamo, determina il livello di compressione necessario: tanto più si deve comprimere, tanto più i filati con cui si deve confezionare il tutore dovranno essere spessi e “robusti” e quindi, ahinoi, nemici dell’estetica.

In caso di problemi venosi minori, come i cosiddetti capillari o la presenza di piccole varici sottocutanee, non è detto che vi sia necessità di una compressione terapeutica. Il quadro cambia invece se, oltre a questi segni, compaiono sintomi quali pesantezza, formicolii, crampi notturni o gonfiore delle caviglie la sera: in questo caso, infatti, vi potrebbe essere indicazione alla prescrizione di una calza cosiddetta riposante che comprima almeno 12 mm di Hg alla caviglia oppure di una calza confezionata secondo i dettami del sistema sanitario francese, per il quale la prima classe deve comprimere “solo” tra 10 e 15 mm Hg. In entrambi i casi non si tratta di calze cosiddette “terapeutiche” che, ricordiamo, devono superare i 18 mmHg, ma sono calze comunque in grado di controllare i sintomi, anche in associazione, eventualmente, con un trattamento farmacologico.

In questa categoria di calze ormai è disponibile tutto e il suo contrario: calze colorate, con ornamenti, gambaletti, autoreggenti, collant e chi più ne ha più ne metta.

Quando invece si devono trattare delle varici le cose cambiano: si deve giocoforza salire di compressione con la necessità di uso di filati di peso maggiore. L’indicazione è per una classe I secondo il sistema sanitario tedesco: la pressione sale tra i 18 ed i 21 mm di mercurio, la calza diviene meno velata, il colori base sono il nero, il castoro, il marrone e i modelli simili a quanto descritto in precedenza. Anche in questo caso la presenza di sintomi o edema determina la necessità di pressioni più alte.

Ancora differente è il caso della cosiddetta malattia venosa cronica o delle trombosi venose, in cui si deve salire ulteriormente di pressione poiché vi è la necessità di controbilanciare danni vascolari sicuramente più importanti. In questi casi, inoltre, al problema estetico si accompagna la difficoltà a indossare la calza. La compressione varia quindi, in queste situazioni, tra i 23-32 mmHg della II ed i 34-46 della III classe tedesca, la disponibilità di colori è ridotta, i modelli sono simili alle classi più leggere, anche se spesso si preferisce la prescrizione di un gambaletto, che è più facilmente gestibile rispetto a modelli più alti.

Devo dire che nella mia esperienza è paradossalmente meno difficile convincere e ottenere un’adeguata adesione alla terapia da parte di pazienti che per loro sfortuna soffrono di malattie più gravi, e che quindi probabilmente hanno una maggiore consapevolezza dell’importanza del problema, rispetto a chi presenta disturbi minori.

Per questa ragione la prescrizione di una calza dovrà sempre essere adeguatamente motivata e la scelta del tutore calibrata anche sulla persona, rispettandone, se possibile, le esigenze e lo stile di vita.

Non dimentichiamo che una calza, se serve, deve essere indossata e non lasciata nel cassetto!